La fatica rappresenta, in un processo di apprendimento, un sintomo che il sistema cognitivo si trova in una condizione svantaggiosa, ovvero sotto sforzo. L’interpretazione del fenomeno, per coltivare una via lungimirante e sana, deve andare verso una modalità che risolva questo svantaggio e riconduca a una condizione di omeostasi: stato in cui il sistema funziona confortevolmente con prospettive di lunga durata.
Già il nostro organismo ci dà dei segnali a livello fisiologico importanti, atti a sospendere delle attività che nuociono alla nostra vita, ricorrendo sino alla malattia del corpo per denunciare stati psicologici insostenibili nel lungo periodo.
Così la fatica non deve essere assimilata a comportamenti di merito o distintivi, specie se questa raggiunge livelli gravi che non consentono alcun progresso e portano nel tempo a una sorta d’impotenza appresa. Ma deve essere interpretata come il segnale di una disfuzione di apprendimento o, addirittura, di un “disturbo d’insegnamento”. Ecco che allora una conoscenza adeguata dei processi del conoscere e dei profili che lo contraddistinguono costituisce la pietra di volta di un arco antico e meraviglioso, quello che sostiene il desiderio e la voglia di studiare!